3 materiali innovativi e cruelty-free
Si può parlare di “Pelle Vegana”?
Si sente spesso parlare di “pelle vegana”, in alternativa alle pelli tradizionali di origine animale. Ma cosa significa questa espressione?
Innanzitutto, non è corretto parlare di “pelle vegana”: la normativa corrente, e nello specifico il cosiddetto Decreto Pelle in vigore dall’ottobre 2020, proibisce espressamente l’uso delle parole “pelle” e “cuoio” e relativi prefissi o suffissi (eco- , vegan- ecc.), per identificare materiali che non siano derivati da spoglie di animali.
L’espressione “vegan” sta ad indicare che nell’intero processo produttivo non sono stati utilizzati prodotti di nessun tipo derivanti da animali. L’espressione “cruelty-free”, invece, si riferisce a materiali la cui produzione non comporta sofferenze verso gli animali, come uccisione, ma anche test (in particolare nel mondo cosmetico). Ne consegue che un materiale cruelty-free non è necessariamente vegano: esiste, ad esempio, della seta (materiale non vegano) che è cruelty-free perché i bachi non vengono uccisi nel processo di produzione. La lana, altro materiale non vegano, può essere cruelty-free se le greggi vengono gestite in maniera responsabile.
In entrambi i casi, sarebbe preferibile sostanziare l’aggettivo con una certificazione che ne attesti l’effettiva aderenza ad un protocollo specifico; e in entrambi i casi, si tratta di espressioni che non dicono nulla di specifico sulle materie prime utilizzate, che possono essere bio-based o riciclate, ma anche interamente derivate da fonti fossili.
Tuttavia, poiché l’impatto ambientale è uno dei criteri con cui questi materiali vengono valutati, ecco che spesso le due esigenze – etica e ambientale – si incrociano in materiali in grado di fornire soluzioni alternative e virtuose in entrambi i contesti. Vediamone alcune, selezionate dalla banca dati di Material ConneXion.
“Pelle Vegana” o Alternative Sostenibili alla Pelle
Tra i primi materiali sviluppati come alternativa sostenibile alla pelle, troviamo dei fogli composti per il 78% da fibra di foglie di ananas (PALF), per il 18% da PLA e da piccole quantità di bio-PU e PU. Il PALF è un sottoprodotto dell’industria agricola e quindi non sono necessari ulteriori componenti o acqua per produrre la materia prima. Il materiale è biodegradabile, resistente all’acqua e traspirante, flessibile e privo di formaldeide, ha una buona resistenza e può essere facilmente cucito, goffrato e tagliato. È disponibile in finiture standard e metallizzate con un’ampia gamma di opzioni di colore e adatto per abbigliamento, calzature, interior design e per il settore automobilistico.
Più recentemente, sono nate diverse soluzioni totalmente bio-based e biodegradabili, ottenute da materie prime vegetali come ad esempio le alghe marine. Questo materiale è composto per l’85% da alghe, per il 10% da cellulosa e per il 5% da pigmenti inorganici. Il materiale viene prodotto estraendo alcune componenti dalle alghe, che vengono miscelati con altri ingredienti naturali – tra cui elementi nano-ceramici per garantire una maggiore durata – e formati in foglio per colatura all’interno di stampi. Il materiale è adatto per calzature, accessori, arredo e per altri prodotti, anche ad alte prestazioni.
Infine, altre soluzioni combinano materie prime bio-based e riciclate, nessuna delle quali di origine animale, ottenendo materiali alternativi alla pelle a ridotta carbon footprint. Ne è un esempio questo materiale composto da diversi supporti riciclati e da un elemento costitutivo di origine vegetale, il propanediolo 100% bio-based, ottenuto raccogliendo, fermentando e raffinando l’amido di mais, con una riduzione del 56% di emissioni di gas serra e del 42% di energia non rinnovabile rispetto al propanediolo a base di ossido di propilene. Ogni prodotto della collezione è disponibile in una varietà di colori e texture. Le applicazioni riguardano abbigliamento, accessori, calzature e imballaggi.