
Materiali vegan: sostituire la pelle animale si può?
Tra le diverse alternative ai pellami tradizionali, uno spazio particolare è occupato dalla pelle vegana, o cruelty-free, un materiale cioè che risponde ad una richiesta da parte di una fetta crescente di utilizzatori di prodotti che non comportino sofferenze per gli animali.
Ma cosa significa esattamente “pelle vegana”?

Va detto innanzitutto che secondo la normativa italiana è vietato commercializzare con i nomi «cuoio» «pelle» e loro derivati o sinonimi, ovvero sotto i nomi generici di «pellame» e «pelletteria», prodotti italiani che non siano ottenuti esclusivamente da resti animali.
Inoltre, per definire un materiale “vegan”, non è sufficiente che esso non sia direttamente di origine animale, ma si deve garantire, meglio se tramite certificazione, che nessuna componente, in tutte le fasi di produzione, derivi da animali. Ma attenzione: “non animale” non significa necessariamente vegetale. Sono infatti “vegane” molte similpelli sintetiche, al 100% di origine petrolchimica.

Pelle vegana: le principali tipologie disponibili sul mercato
Le prime pelli e pellicce totalmente sintetiche sono state rese celebri da Stella McCartney fin dai primi anni 2000, diventando icone delle sue collezioni con la denominazione “Fur-Free Fur”. Oggi Stella McCartney ha in programma l’introduzione di nuovi materiali sempre di sintesi, ma da fonte rinnovabile o riciclata, come Koba®, sviluppato in partnership con DuPont®.

Sono diverse le aziende produttrici di similpelli sintetiche, come spalmati a base PVC o PU, che stanno introducendo materie prime da fonte rinnovabile, a partire dal supporto di base, che può essere realizzato in cotone o altre fibre naturali come la canapa. Per la spalmatura vengono utilizzati polimeri parzialmente bio-based, spesso additivati con materiali naturali derivanti da cactus, arancia, lolla di riso, vinacce, o altre fibre micronizzate, con la funzione di ridurre il contenuto proveniente dal petrolio e in molti casi anche di migliorare le resistenze meccaniche, in particolare abrasione, del materiale.
Esistono poi diverse tipologie di materiali totalmente (o quasi) di origine vegetale, che presentano caratteristiche uniche in quanto a composizione e a modalità di fabbricazione. Legno sottilissimo tagliato a laser, fibre di ananas, corteccia, residui industriali della lavorazione delle mele, fino a materiali in foglio ottenuti tramite fermentazione batterica di cellulosa e zuccheri. Le sperimentazioni includono l’utilizzo di materie prime originali come la buccia d’ananas, frutta, scarti agricoli della pianta del cacao. Si tratta tuttavia di materiali sviluppati da startup e non ancora scalati industrialmente.

E i funghi?
Si tratta di una famiglia di materiali alternativi alla pelle derivanti dallo sviluppo del micelio, la parte vegetativa del fungo. I funghi non appartengono né al regno vegetale, né a quello animale, ma sono una classe a sé; per questo non da tutti i vegani sono considerati interamente rispondenti ad una filosofia cruelty-free. Si tratta tuttavia di una tipologia di materiali attorno a cui si è sviluppato un notevole interesse, anche dovuto al basso impatto complessivo in produzione in termini di carbon footprint.
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