Passi leggeri: l’innovazione materiale per ridurre l’impatto ambientale delle calzature
Si stima che l’industria della calzatura, con la sua produzione di massa accompagnata da una progressiva riduzione della durata dei prodotti, sia responsabile dell’1,4% delle emissioni globali di GHG, corrispondenti a 700 milioni di tonnellate di CO2eq. Di queste, il 34% è imputabile ai materiali (fonte: Assomac), non solo quelli più tradizionali ma fortemente impattanti come i pellami, ma anche quelli a base petrolchimica, impiegati in particolare per le sneakers e per le scarpe sportive, tipologie in forte crescita.
Tuttavia, in un’epoca in cui la sostenibilità sta diventando una priorità globale, anche questo settore sta rispondendo con innovazione e creatività. Dai tessuti riciclati, alle alternative alla pelle, ai materiali a base vegetale, le calzature stanno subendo una trasformazione radicale che mira a ridurre l’impatto ambientale, mantenendo allo stesso tempo alti standard di qualità e design.
Le strategie adottate possono essere diverse: molti brand utilizzano materiali alternativi alla pelle (quindi con un approccio che include anche il concetto di “cruelty-free”) parzialmente bio-based o riciclati. Questi materiali, applicati alla tomaia ma anche alla suola, spesso derivano da scarti agricoli o industriali, con un impatto ridotto in virtù della componente riciclata oppure del contenuto di carbonio da fonte rinnovabile; oppure sono prodotti attraverso processi di fermentazione a basso impatto energetico ed emissioni molto basse.
Altri puntano sulla biodegradabilità: l’americana Blueview, ad esempio, utilizza materiali a base vegetale testati per degradarsi in presenza di ossigeno (standard ASTM D5338) in 200 giorni. La suola è in schiuma poliuretanica biobased, mentre la tomaia è realizzata con un materiale tessile alternativo alla pelle ottenuto da filato di canapa ed eucalipto.
Anche Puma lavora da molti anni sulla biodegradabilità dei materiali. Già nel 2018 proponeva un progetto sperimentale, sviluppato in collaborazione con il MIT ed esposto da Material ConneXion Italia (ora Materially) durante la Design Week di Milano: la Breathing Shoe, una scarpa “biologicamente attiva” in cui la suola veniva “biodegradata” in apposite aree, creando un pattern traforato. Nel 2021, il concept RE:SUEDE, in pelle scamosciata conciata Zeology (una concia naturale a base di zeoliti) e suola in TPE e fibre di canapa, è stato testato con successo per il compostaggio industriale, con l’obiettivo di sviluppare un processo adatto a trattare articoli che necessitano di più tempo per trasformarsi in compost rispetto ai rifiuti organici standard.
A tutto ciò si affianca oggi il programma di riciclo del poliestere RE:FIBRE, sviluppato dal “Circular Lab” di PUMA, un hub di innovazione guidato dal team di innovazione e design di PUMA con l’obiettivo di creare strategie tangibili di circolarità dell’azienda.
Per venire incontro a queste nuove richieste da parte dell’industria calzaturiera, Materially sta lavorando ad un servizio, sviluppato nell’ambito del progetto Europeo SoTecIn Factory, per l’integrazione di dati sulla sostenibilità dei materiali nei software di progettazione del footwear, con l’obiettivo di introdurre i criteri di sostenibilità a partire dalla fase di design in un’ottica di misurabilità e trasparenza della catena produttiva. SoTecIn Factory è un progetto finanziato nell’ambito del programma Horizon Europe e a sua volta supporta iniziative di innovazione a elevato impatto sociale e ambientale.