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Tingere sostenibile

Image courtesy of Techna Italia S.r.l.

Pur rivestendo una grande importanza economica, l’industria tessile e della moda mondiale è anche tra i principali responsabili dell’impatto ambientale a livello globale. Il settore utilizza circa un quarto dei prodotti chimici mondiali in termini di volume ed è coinvolto nella produzione di una percentuale compresa tra il 5 % e il 10 % di tutte le emissioni globali di carbonio.

 

Il solo processo di tintura utilizza circa 5.000 miliardi di litri d’acqua ogni anno. Le sostanze chimiche tossiche spesso si riversano nelle riserve idriche, un problema considerevole soprattutto nei Paesi in via di sviluppo dove le normative sono spesso molto meno restrittive.

 

Per far fronte a questo problema, sempre più aziende si impegnano a trovare tecniche di tintura sostenibili in sostituzione ai processi di tintura tradizionali. 

Le soluzioni messe in atto spaziano dall’utilizzo di scarti pre e post consumo, al recupero di sottoprodotti provenienti dall’industria alimentare fino all’elaborazione di metodi basati sulla fermentazione batterica.

 

Il primo esempio, Recycrom™ ready-to-dye di Officina+39, è un processo sostenibile di tintura dei capi basato sul riciclo degli scarti tessili pre e post consumo. 

Attraverso un sofisticato processo, l’azienda ha sviluppato un sistema per rilavorare gli scarti e trasformare la fibra tessile in polvere colorata. Le fibre del tessuto vengono cristallizzate in una polvere fine che può essere utilizzata come colorante pigmentato per tessuti e indumenti in cotone, lana, nylon o qualsiasi fibra naturale e mista. Recycrom™ può essere applicato con diversi metodi: immersione, spruzzo, serigrafia e spalmatura. 

Da 100 kg di rifiuti tessili il processo può creare tintura sufficiente per 20.000 magliette.

Image courtesy of Techna Italia S.r.l.

Dal riciclo degli scarti tessili, passiamo ad una tipologia di tintura ricavata dalla lavorazione di un sottoprodotto proveniente dall’industria alimentare. “Off the grain” è un progetto di upcycling nato dal lavoro di ricerca di ALBINI_next in collaborazione con Riso Gallo, una delle più antiche industrie risiere italiane. 

Completata la maturazione nei campi lombardi e piemontesi, il riso viene raccolto e sottoposto a una serie di processi per essere venduto e consumato. Una volta terminato il trattamento l’acqua viene smaltita, in quanto non più utilizzabile per la filiera alimentare. ALBINI_next recupera quell’acqua di bollitura e la trasforma in una tintura naturale, in grado di dare ai tessuti colori naturali che vanno dall’ocra al vinaccia, fino al bordeaux e al marrone scuro. Questo processo garantisce un risparmio idrico compreso tra il 30% e il 40% rispetto ai procedimenti tradizionali.

Image courtesy by Albini

Esistono infine sviluppi attorno a processi di tintura interamente biobased e a basso impatto a partire da colture batteriche.

La prima fase del processo prevede la creazione di un microrganismo ingegnerizzato che produce il pigmento, proprio come avviene in natura. Si passa poi alla fase di “fermentazione” in cui i microbi vengono inoculati all’interno di un bioreattore che contiene acqua e zucchero e che ha una temperatura ottimale per il moltiplicarsi del microrganismo utilizzato. Una volta completata questa fase, il bioreattore è pieno di pigmenti pronti per essere utilizzati direttamente nelle macchine per la tintura standard.

Rispetto alla tintura convenzionale, questo processo consente di ridurre l’utilizzo delle sostanze chimiche e le emissioni di anidride carbonica.

Image courtesy by Colorifix
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