Smart working: strumento di resilienza urbana
Il 21 febbraio il Coronavirus ha varcato i confini del nostro paese e lo Smart Working è diventata la misura adottata da moltissime realtà italiane nelle aree colpite dall’epidemia.
Un’iniziativa pensata per provare ad arginare il contagio con responsabilità sociale, pur portando avanti le proprie attività, e che rappresenta di fatto un’imprevista accelerazione di un processo già in atto da tempo. Numerose aziende hanno messo a disposizione soluzioni e servizi, proponendo anche strumenti semplificati e di facile adozione per renderne più immediata l’introduzione.
L’occasione è quella di vivere questo particolare frangente come un’opportunità per sperimentare nuovi metodi di lavoro, nuovi strumenti e canali digitali.
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Più in generale una opportunità per abilitare i processi di sviluppo di una città intelligente e responsabile in un’ottica di sostenibilità ambientale, funzionale, economica, sociale e civile.
Se una Smart City è l’insieme delle strategie tese a mettere in relazione le infrastrutture materiali con gli smart cities grazie all’impiego delle nuove tecnologie, al fine di migliorare la qualità della vita, è suo compito caratteristico utilizzare gli strumenti della smartness in modalità diffusa e inclusiva.
Sono numerosi i benefici che la città intelligente consegue, abilitando il modello organizzativo dello smart working: riduce congestione, consumi e impatto ambientale; riequilibra la distribuzione di servizi e infrastrutture tra centro e periferia; aumenta il benessere lavorativo in termini di accesso al lavoro e valorizzazione del tempo.
Smart City – People Technology Materials.
Smart Working è People. Inteso come modo di lavorare che consente il miglior bilanciamento tra qualità della vita e produttività individuale.
Smart Working è Technology. Inteso come il risultato di un sapiente uso della Digital Transformation a supporto di approcci strategici che puntano su integrazione e collaborazione
Smart Working è Materials. Perché l’applicazione delle tecnologie avanzate serve a connettere persone alle infrastrutture materiali, per innescare i processi di business.
Dati e approfondimento
Image: Osservatori Digital Innovation, School of Management, Politecnico di Milano |
L’Osservatorio del Politecnico di Milano definisce lo Smart Working “una nuova filosofia manageriale fondata sulla restituzione alle persone di flessibilità e autonomia nella scelta degli spazi, degli orari e degli strumenti da utilizzare a fronte di una maggiore responsabilizzazione sui risultati”.
E’ del giugno 2017, la legge 81/2017 che disciplina il lavoro agile inserendolo in una cornice normativa e fornendo le basi legali per la sua applicazione anche nel settore pubblico. E da allora, l’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano monitora la crescita dell’attenzione verso la modalità di lavoro smart.
In base ai dati dell’Osservatorio, nel 2019 la percentuale di grandi imprese che ha avviato al suo interno progetti di Smart Working è del 58%, in lieve crescita rispetto al 56% del 2018. A queste percentuali vanno aggiunte un 7% di imprese che ha già attivato iniziative informali e un 5% che prevede di farlo nei prossimi dodici mesi.
Tra le PMI c’è un aumento della diffusione dello Smart Working: i progetti strutturati passano dall’8% dello scorso anno al 12% attuale, quelli informali dal 16% al 18%, ma aumenta in modo preoccupante anche la percentuale di imprese disinteressate al tema (dal 38% al 51%).
È tra le Pubbliche Amministrazioni che si registra la crescita più significativa: in un anno nel settore pubblico raddoppiano i progetti strutturati di Smart Working e Le più avanzate sono le PA di grandi dimensioni, che nel 42% dei casi hanno già introdotto iniziative strutturate e nel 7% hanno attivato iniziative informali. Nonostante questi dati incoraggianti, il ritardo resta evidente, con quasi 4 PA su 10 che non hanno progetti di Smart Working.
Gli smart worker sono ormai circa 570 mila, in crescita del 20% rispetto al 2018, e mediamente presentano un grado di soddisfazione e coinvolgimento nel proprio lavoro molto più elevato di coloro che lavorano in modalità tradizionale.
Le principali criticità riscontrate dai menager si individuano nella difficoltà nel gestire le urgenze, utilizzo delle tecnologie e pianificazione delle attività. Quelle riscontrate dai lavoratori: la percezione di isolamento, le distrazioni eterne, i problemi di comunicazione e collaborazione virtuale e la barriera tecnologica.
A rendere possibile lo Smart Working sono le tecnologie digitali che permettono di scegliere il dove e quando lavorare, sia all’interno che all’esterno dell’organizzazione. Le tecnologie che supportano il lavoro da remoto sono già diffuse.
Secondo quanto rilevato dall’Osservatorio Smart Working del Politecnico di Milano le soluzioni a maggiore penetrazione sono quelle a supporto della sicurezza e dell’accessibilità dei dati da remoto e da diversi device (95%), seguite dalle iniziative di Mobility, che prevedono la presenza di device mobili e mobile business app (82%) e dai servizi di Social Collaboration (61%).
Di fatto, gli italiani oggi comunicano attraverso una pluralità di dispositivi proprietari e aziendali (non a caso dal 2011 si vendono più smartpone e tablet che pc): il Bring Your Own Device (BYOD), un tempo avversato in azienda, è diventato il driver principale del lavoro agile.
In termini di dotazione tecnologica, quella standard per consentire il lavorare da remoto generalmente si compone di PC portatile, VPN e servizi di social collaboration. Solo quando necessari vengono introdotti device mobili come smartphone e tablet.
In estrema sintesi lo Smart Working rappresenta una nuova dimensione del lavoro che sfrutta la Mobility, la Unified Communication & Collaboration e il social computing e favorisce la produttività individuale e la continuità operativa dell’utente, e quindi del business.
Un cambiamento culturale che fa leva su un nuovo concetto del rapporto tra individuo e azienda.
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E le persone oggi sono pronte al cambiamento, complice anche la diffusione dello smartphone che consente di comunicare, lavorare, rimanere connessi in mobilità. Il livello di disponibilità all’interazione digitale ha innescato una nuova curva di apprendimento spontanea delle persone, che oggi arrivano in azienda con un livello di preparazione e disponibilità all’innovazione un tempo inimmaginabili.
Ma ricordiamo che i benefici non sono solo per le imprese e per i lavoratori: una sola giornata a settimana di remote working può far risparmiare in media 40 ore all’anno di spostamenti e per l’ambiente, invece, determina una riduzione di emissioni pari a 135 kg di CO2 all’anno, considerando che in media le persone percorrono circa 40 chilometri per recarsi al lavoro e ipotizzando che facciano un giorno a casa di lavoro da remoto.
Un’ultima considerazione, non meno importante e particolarmente attuale: lo Smart working rappresenta un grandissimo strumento di resilienza urbana, possedendo la capacità di reagire positivamente ad eventi calamitosi o catastrofali.