Altri usi per le biotecnologie: la rifunzionalizzazione degli scarti tessili nella moda
La sovrapproduzione di materiali tessili e il consumo eccessivo di risorse all’interno delle industrie della moda sono argomenti importanti e che ultimamente stanno ricevendo grande attenzione. Così pure lo è quella che sta diventando una sfida sempre più grande per le aziende del settore: la gestione complessiva dei rifiuti.
Al di là di una rivalutazione complessiva della filiera e delle preoccupazioni circa la sostenibilità di diversi processi, possiamo sicuramente dire (e vedere) che si è investito molto in nuovi impianti e nei processi di riciclo per rispondere a nuove normative che presumibilmente entreranno nel settore e, non ultimo, per far fronte alle aspettative dei clienti.
A causa dell’enorme varietà di fibre disponibili sul mercato, da naturali a sintetiche, da semplici a composite, e a causa dei tipi molto diversi di applicazioni (ad esempio: tessuti sottoposti a rivestimento per immersione, laminazione e altri trattamenti di modifica della superficie), i processi di riciclaggio si trovano sempre ad affrontare la prima grande sfida: selezionare e raccogliere le stesse fibre tra una moltitudine di materiali diversi.
Ma cosa succederebbe se una certa selettività fosse già “incorporata” nell’agente di riciclaggio?
Stiamo osservando un nuovo approccio al riciclo che beneficia dei più recenti sviluppi nel campo delle biotecnologie: si chiama riciclo enzimatico ed è un processo a base proteica che sfrutta i biocatalizzatori, ben diverso dal riciclo chimico che, al contrario, potremmo definire “a base solvente”.
Recentemente, alcuni enzimi per la degradazione del poliestere sono stati caratterizzati (ovvero: identificati e selezionati) e hanno dimostrato un’attività sufficientemente elevata da degradare completamente il PET termoformato in un lasso di tempo ragionevole. I principali vantaggi di questo processo sono sicuramente i bassi consumi energetici e l’elevata selettività degli enzimi che operano maggiormente a livello “locale” invece che sul materiale in massa. Questa caratteristica consente la lavorazione di substrati compositi, come possono essere ad esempio i tessuti stratificati o rivestiti che, in altri scenari, andrebbero incontro a incenerimento a causa delle difficoltà di separazione.
A partire dall’inizio del 2023, Stella McCartney collabora con l’azienda californiana Protein Evolution, leader nei trattamenti enzimatici per fibre a base di poliestere e nylon, con l’obiettivo comune di creare nuovi flussi di approvvigionamento di materie prime nate dai ritagli di scarto della stessa maison, che possano eventualmente essere riutilizzate nel prêt-à-porter o, ad esempio, nel settore calzaturiero.
Foto di Dennis Schroeder, NREL
Plastica PET grezza (a sinistra) scomposta nei suoi elementi costitutivi chimici tramite trattamento enzimaticoi. Il campione di PET a destra ha perso il 97,7% della sua massa dopo essere stato scomposto dagli enzimi NREL/UoP.