Ceramica e sostenibilità: 3 cose da sapere
La ceramica è una materia molto nota e molto antica: da sempre impiegata per fabbricare stoviglie e oggetti decorativi, è a tutt’oggi il materiale preferenziale per la produzione di rivestimenti e sanitari. Tra le sue caratteristiche, è particolarmente interessante la resistenza agli agenti esterni, soprattutto chimici, e quindi per la sua elevata igienicità: le superfici in ceramica non favoriscono la proliferazione batterica e sono facilmente pulibili. La sua durevolezza la rende inoltre una materia pressoché eterna, quindi perfetta per l’architettura.
E fin qui, tutto bene. Ma se la osserviamo dalla prospettiva dell’impatto ambientale, quali sono i pro e i contro?
Il primo punto critico è senz’altro quello del consumo energetico. La produzione della ceramica richiede cotture ad alte temperature, un processo molto energivoro e quindi alto-emissivo. Per abbattere le emissioni di CO2 legate ai processi produttivi, si sta pensando all’idrogeno verde, ovvero idrogeno prodotto tramite un elettrolizzatore elettrolizzatore alimentato da fonti di energia rinnovabile.
Si tratta di una fonte energetica, abbinabile in prima battuta al gas, potenzialmente in grado di rilasciare energia in maniera costante (diversamente dalle rinnovabili tradizionali), e in grado quindi di alimentare i forni per la cottura della ceramica.
Il secondo aspetto è quello del riciclo: il processo di trasformazione che avviene quando la ceramica viene sottoposta a queste alte temperature non è reversibile. Cosa accade dunque agli scarti industriali? Le parti non cotte possono essere facilmente reimmesse nel ciclo produttivo, mentre gli scarti successivi (scarto cotto, fango proveniente da linee di lavaggio, fango di levigatura e lucidatura, residui di macinazione essiccati e calce esausta) vengono solitamente ridotti in polvere e una parte di essi utilizzata all’interno di nuove mescole, riducendo l’impiego di materia prima da estrazione. Inoltre le piastrelle possono contenere anche componenti riciclate da altri settori, come vetro o altri inerti.
Infine, il fine-vita: le ceramiche, sia provenienti da demolizioni che da rifiuti urbani (ad esempio una tazza rotta) finiscono negli inerti e, dopo un passaggio di triturazione, utilizzate in opere di ingegneria civile. Esistono tuttavia progetti che mirano a recuperare anche queste materie prime in un’ottica di aumento del valore, per la creazione di piastrelle o mattoncini decorativi.